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Santuario e area archeologica

di Abini

Il villaggio

Il villaggio-santuario di Abini è uno dei più famosi e importanti della Sardegna nuragica.

Il villaggio è localizzato in un'area ricca di lentischi e olivastri, lungo il corso del fiume Taloro, nella regione del Mandrolisai, al centro dell'isola. È costituito da numerose capanne e da un pozzo sacro protetto da un recinto. Le capanne sono prevalentemente a pianta circolare. La copertura dei vani era costituita da pali e frasche; è possibile, tuttavia, che negli ambienti di minori dimensioni il soffitto fosse ottenuto con lastrine litiche aggettanti. Alcune capanne presentano degli elementi distintivi, come il bancone sedile lungo il perimetro murario interno e il bacile in posizione centrale; altre hanno restituito scorie di rame dimostrando di essere luoghi di fusione del metallo. Nel pozzo, privo del vestibolo e della scala d'accesso, la bocca circolare si apre - così come accade nei comuni pozzi situati all'interno e nelle vicinanze dei nuraghe - a livello del piano di calpestio.

Caratteristiche

Il pozzo è collegato con un cortile di pianta ellittica, diviso in due settori da un tramezzo rettilineo eccentrico con larga apertura mediana. L'accesso al pozzo avveniva dal settore di minori dimensioni che non mostra caratteristiche architettoniche particolari, mentre quello maggiore è dotato di un bancone-sedile. Il settore minore comunica a sua volta con un grande recinto avente forma di tre quarti di ellisse, provvisto anch'esso di bancone-sedile. L'insieme della costruzione con i suoi due cortili si estende per una superficie di m 41 x 23 circa. L'assenza nel pozzo di vani tradizionali dell'architettura templare nuragica, come l'atrio e la scala, e la presenza invece di altri ambienti dotati di bancone-sedile, fanno ritenere che ad Abini la funzione sacra (o almeno pubblica) non spettasse tanto al pozzo quanto agli ambienti in cui esso era incluso.


In prossimità del grande recinto si osservano, nascosti nella terra di risulta o inseriti nei moderni muri a secco, numerosi conci squadrati in vulcanite lavorata a martellina.

Le opere 

Alcuni di essi mostrano delle incisioni e dei dentelli di incastro, simili a quelli rinvenuti in altri pozzi sardi con struttura isodoma.


La grande quantità di oggetti in bronzo restituiti dagli scavi attestano le abilità metallurgiche acquisite dalle popolazioni locali ed il ruolo particolarmente importante del villaggio-santuario, che richiamava le popolazioni di un vasto territorio.

Il materiale bronzeo comprendeva oggetti d'uso e di culto: spade votive, pugnali, braccialetti, anelli, e, soprattutto, le famose statuine. Queste ritraggono offerenti, oranti, arcieri saettanti e guerrieri con stocco e scudo, colti in preghiera e dotati di elmi sormontati da lunghe corna e da un'appendice appiattita ricurva in avanti. Le figure più famose rimangono comunque quelle degli esseri demoniaci, dove il moltiplicarsi degli occhi, delle braccia e degli scudi esprimono una concezione mitico-religiosa che rimanda a figurine iperantropiche orientali.

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